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La Valle delle Donne

Vi segnaliamo l’articolo del Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi riguardo Boccaccio e la Valle delle Donne  http://ilsignorrossi.it/la-valle-delle-donne/

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La Valle delle Donne “tanto bella e tanto dilettevole”, nella conclusione della VI giornata del Decameron, si trovava nelle colline fra Fiesole e Firenze e così viene descritta da Boccaccio:

“Dentro alla quale per una via assai stretta, dall’una delle parti della quale correva un chiarissimo fiumicello, entrarono, e viderla tanto bella e tanto dilettevole, e spezialmente in quel tempo che era il caldo grande, quanto più si potesse divisare. E secondo che alcuna di loro poi mi ridisse, Il piano dentro la Valle era così rotondo, come se fosse stato fatto con il compasso, come se fosse una opera della natura e non dell’uomo: aveva un perimetro di circa mezzo miglio ed era circondato da sei colline non molto alte e sulla cima di ogni collina si vedeva un palazzo che sembrava un bel castello. Le piaggie delle quali montagnette così digradando giuso verso il piano discendevano, come ne’ teatri veggiamo dalla lor sommità i gradi infino all’infimo venire successivamente ordinati, sempre ristrignendo il cerchio loro. E erano queste piaggie, quante alla piaga del mezzogiorno ne riguardavano, tutte di vigne, d’ulivi, di mandorli, di ciriegi, di fichi e d’altre maniere assai d’albori fruttiferi piene, senza spanna perdersene. Quelle le quali il carro di tramontana guardava, tutte eran boschetti di querciuoli, di frassini e d’altri arberi verdissimi e ritti quanto più esser poteano. Il piano appresso, senza aver più entrate che quella donde le donne venute v’erano, era pieno d’abeti, di cipressi, d’allori e d’alcuni pini sì ben composti e sì bene ordinati, come se qualunque è di ciò il migliore artefice gli avesse piantati; e fra essi poco sole o niente, allora che egli era alto, entrava infino al suolo, il quale era tutto un prato d’erba minutissima e piena di fiori porporini e d’altri.”

Grazie a questo passo si ha una descrizione di come erano coltivate le colline toscane: le pendici declinando verso il piano, scendevano come succede nei teatri, grazie a terrazzamenti ordinati, fino alla parte più in basso restringendo sempre il cerchio. Le colline disposte verso mezzogiorno, erano ricche di viti, ulivi, mandorli, ciliegi, fichi e piene di altri alberi da frutti, in modo da non perdere neanche un pezzo di terra. Le colline che guardavano verso l’Orsa Minore, quindi verso Nord, erano invece piene di boschi di querce, frassini e altri alberi verdi e dritti. Il piano che si formava, senza aver altre entrate se non quella dove le donne erano entrate, era pieno di abeti, cipressi, alberi di alloro e alcuni pini, talmente ben tenuti e ordinati, come se chi li aveva sistemati era il migliore del mondo nel fare tale lavoro. Fra questi alberi vi era poco sole, e arrivava in terra solo quando era alto; il piano era fatto da un prato d’erba fine e ricco di fiori color porpora e d’altri tipi.

Ciò che emerge è la bellezza delle colline, data oltre che dalla ricca natura e dall’abilità e dal lavoro dell’uomo che la valorizzava “senza spanna perdersene”. La fertilità delle terre, la giusta esposizione, la grande abbondanza di acque, rendevano le colline adatte alle coltivazioni.

Da una delle valli, che due di quelle colline dividevano, scorreva un piccolo fiume che, cadeva giù sopra le pietre, e la sua acqua sembrava da lontano argento vivo “non meno che altro di diletto porgeva, era un fiumicello, il qual d’una delle valli, che due di quelle montagnette dividea, cadeva giù per balzi di pietra viva, e cadendo faceva un romore ad udire assai dilettevole, e sprizzando pareva da lungi ariento vivo che d’alcuna cosa premuta minutamente sprizzasse” . L’acqua scendendo nel piano veniva raccolta in un bel canale, che mentre scendeva aveva creato un piccolo laghetto, quasi una sorta di vivaio come si soleva fare nei giardini dei cittadini che ne avevano l’opportunità:

” (…) come giù al piccol pian pervenia così quivi in un bel pelaghetto raccolta infino al mezzo del piano velocissima discorreva, e ivi faceva un picciol laghetto quale talvolta per modo di vivaio fanno né lor giardini i cittadini che di ciò hanno destro. Ed era questo laghetto non più profondo che sia una statura d’uomo infino al petto lunga, e senza avere in sé mistura alcuna, chiarissimo il suo fondo mostrava esser duna minutissima ghiaia, la qual tutta, chi altro non avesse avuto a fare, avrebbe, volendo, potuta annoverare. Né solamente nell’acqua riguardando vi si vedeva il fondo, ma tanto pesce in qua e in là andar discorrendo, che oltre al diletto era una maraviglia. Né da altra ripa era chiuso che dal suolo del prato, tanto d’intorno a quel più bello, quanto più dello umido sentiva di quello. L’acqua, la quale alla sua capacità soprabbondava, un altro canaletto riceveva, per lo qual fuori del valloncello uscendo alle parti più basse sen correva.”

La descrizione della Valle delle Donne, nella conclusione della VI giornata, e del giardino nell’introduzione della terza giornata, sono i luoghi piú affascinanti dell’intero Decameron e forse di tutta la letteratura italiana, dove è presente un’ambientazione armoniosa e contemplativa. Nel libro non ci sono altri passi in cui si avverte una cosí chiara e felice descrizione di paesaggio con tantissimi aggettivi e gioiose realtà, e questo risalta se si fa il confronto con le novelle dove risaltano soprattutto i luoghi cittadini. Il paesaggio non urbano nel mondo delle novelle compare raramente, e quasi solo come ambiente di vita contadina e di lavoro nei campi.

In poche righe vengono evidenziati caratteri propri del territorio toscano: da una parte colline coltivate e dall’altra boschi. Il laghetto naturale, l’unico nel Decameron, con l’acqua che trabocca ed esce dal fosso correndo verso le parti più basse ricorda l’acqua della fontana nell’introduzione della III giornata che fuoriesce e grazie a canaletti artificiali corre verso le parti più basse. Il canto di usignoli e di altri uccelli, l’eco delle voci, le piante di alloro ed altri alberi vicino al lago dove i pesci nuotavano, l’immagine romantica del prato e dei giovani seduti intorno al lago che raccontavano le novelle, trasmettono sensazioni di pace. Al tramonto un lieve venticello accarezza i corpi e gli animi delle giovani donne, che con i piedi dentro le chiare acque (del laghetto), raggiungono emozioni di grande benessere: Boccaccio con le parole dipinge un affresco su uno sfondo di una fresca vegetazione e acque sussurranti.

Secondo Baldelli la Valle delle Donne sarebbe la valletta presso la Villa Schifanoia, che ritiene sia la stessa dell’introduzione della III giornata; valletta, circondata non da sei ma da cinque montagnette sormontate ciascuna da un castello o villa (Claustro della Doccia, villa Minerbetti-Orladini, villa Rassinesi, villa Micheli Gilles, Casa Nera delle Monache di Sant’Anna). (G.B. Baldelli Boni, Vita del Boccaccio, Appresso Carli Ciardetti e comp., Firenze 1806, pp.LII sgg.).