I Luoghi del Decameron in Toscana

Il Decameron è la storia di dieci giovani che, dopo essersi incontrati nella chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, decidono di sfuggire alla peste nera del 1348, e rifugiarsi fuori città, nelle ville presenti nelle colline intorno alla città di Firenze e a turno ogni giorno raccontare una novella. Le cento novelle, tutte eccetto tre, comprendono il periodo immediatamente precedente a quello di Boccaccio, nel quale si era affermata una cultura e letteratura nuove, che aveva stabilito l’importanza dei mercanti italiani nel Mediterraneo e nell’Europa occidentale.

Boccaccio prende spunto dalla realtà e dalle tematiche contemporanee: sceglie un evento straordinario, la peste del 1348, che aveva messo a dura prova la borghesia su cui si reggeva la civiltà di Firenze, e coinvolgendo personaggi viventi o scomparsi da poco, e delinea caratteri della società del Trecento.

Sono presenti riferimenti sia a luoghi generici, “la via”, “una selva”, “un fiume”, che a luoghi ben determinati delle città e del mondo fuori dalle mura. L’ambiente a volte diviene il vero protagonista, come la Valle delle Donne (VI, concl.), nelle colline vicino Fiesole, dove le giovani fanciulle sono incantate dalla bellezza del luogo, o le rive del Mugnone dove Calandrino cerca la pietra che dà l’elitropia (VIII,3). Vengono delineati giardini fioriti, paesi montani, valli tranquille, botteghe di artigiani e di fornai, ville in collina con sale profumate e spazi immensi di lunghi viaggi, Firenze e l’Italia, il Mediterraneo, i paesi d’Oriente e d’Occidente.

I luoghi cui si fa riferimento nel Decameron sono circa centosessanta, e molti compaiono più volte. Firenze è uno dei più rappresentati, (presente in quaranta novelle), ma nonostante il legame con la realtà fiorentina e quella toscana (presente in circa trentanove novelle), non mancano i collegamenti fuori dal territorio toscano (in sessantanove novelle).

Spesso è presente il riferimento alla “egregia città di Fiorenza” che non smette di elogiare, con riferimenti alle sue porte (San Gallo, San Piero e il Prato d’Ognissanti), alle vie (Cocomero, Faenza, Garbo, Parione, Porcellana, Vinegia, corso Adimari, Borgo de’ Greci), ai chiassi Cacavincigli e Civillari, il canto alla Macina e via degli Stamaioli, alle contrade (Baldacca, San Brancazio, Braccio di San Giorgio, Camaldoli, Orto San Michele, Sardigna, Mercato Vecchio), alle piazze (Ognissanti, Santa Maria Novella Santa Maria a Verzaia); alle chiese (Santa Maria Novella. Santa Croce, Santa Lucia, Santa Maria Maggiore, Santa Maria della Scala, Santa Maria degli Ughi, Santa Maria a Verzaia, Santa Reparata, San Giovanni, San Paolo), ai conventi (San Bancrazio, San Gallo col suo ospedale, monache di via Faenza dove lavorano Bruno e Buffalmacco, San Jacopo di Ripoli in via della Scala), ai palazzi (della Signoria e del Bargello), ai fiumi (Arno e Mugnone).

In Toscana i riferimenti spaziano da città importanti come Siena, Arezzo, Pisa, Pistoia e Prato, a paesi più piccoli ma di unica bellezza come Certaldo, Radicofani, Lamporecchio, Altopascio, Vicchio, Torrenieri e Corsignano, e tanti altri, coinvolgendo anche ambiti territoriali come il Mugello, il Valdarno Superiore, la Lunigiana e la Maremma.

Non mancano ambientazioni fuori dalla Toscana, con Napoli, Salerno, Venezia, Treviso, Ravenna, sino al resto d’Europa e del bacino del Mediterraneo con riferimenti a Parigi e alla Francia, all’Inghilterra, alla Spagna, alla Grecia, alla Germania e ancora Turchia, Siria, Egitto, Tunisia e Algeria.

Il mondo di Boccaccio, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, è ampio e mostra una conoscenza geografica e culturale svariata. L’ampiezza di vedute è data probabilmente dall’esperienza di vita mercantile di Boccaccio, e della società in cui vive che permette di spingersi oltre i confini di Firenze e di viaggiare, in questo caso anche attraverso la scrittura, in numerosi luoghi importanti per i commerci. Infatti l’apertura europea e mediterranea delle ambientazioni delle novelle del Decameron segue in qualche modo le rotte mercantili, sia per le bellezze della natura, sia le vicende dei personaggi che lì si trovavano.

L’espressivismo linguistico contribuisce a creare un’atmosfera geograficamente ampia. Nel Decameron già troviamo i primi passi dell’unità d’Italia, non solo per la lingua che usa, il volgare, base della lingua italiana, ma attraverso l’uso di dialetti popolari, come vediamo nelle novelle caratterizzate da bolognesismi (I, 10; IX, 3), da sicilianismi (IV, 5; VIII, 10; X, 7), da napoletanismi (II, 5; VII, 2), (cfr. Vittore Branca), ecc., viene evidenziato il carattere eterogeneo della cultura italiana creando in questo modo in riferimento a luoghi o ad ambienti in cui si svolgono i fatti, una geografia linguistica dell’Italia trecentesca; con l’uso di una lingua che varia a seconda del ceto sociale; con l’uso di diminutivi riferiti alla natura e al paesaggio come ad esempio “erbette (…) chiesetta” (VIII, intr., 2), “erbucce” (VI, intr., 3), “vietta (…) erbette” (III, intr., 3), “boschetto (…) pratello”(V,1,7); con l’uso di metafore, come ad esempio “Questo orrido cominciamento vi fia non altramenti che a’ camminanti una montagna aspra e erta” (I,intr., 4).

 

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